Anno 2023. Il giornalismo è morto, già da molto tempo addietro.
E la colpa è di tutti: giornalisti, aspiranti tali, lettori e fruitori.
Uno dei prodotti dell’uomo più belli ed importanti letteralmente fatto a pezzi, ridotto a mero precariato, se non a puro schiavismo, per i più.
Ed il livello infimo dell’informazione, di fatto, è sotto gli occhi di chiunque, tangibile ed innegabile.

D’altronde, come si può pretendere che l’attività giornalistica sia di qualità, quando la maggior parte dei giornalisti fa la fame, quando la maggior parte degli aspiranti professionisti dell’informazione viene retribuita 5 o 1 o 0,50 Euro ad articolo, quando in molti si vendono e si corrompono pur di scribacchiare tra una menzogna ed una pubblicità invasiva?
Se si è ‘fortunati’, oserei dire. E che ‘fortuna’!
Perché nella stragrande maggioranza dei casi viene richiesto di lavorare gratuitamente, di accettare determinati compromessi e di… obbedire.
I giornalisti (ad eccezione dei pochi che tengono duro) si sono trasformati da cani da guardia a cagnolini… da passeggio.

Il giornalismo è morto perché è stato degradato a mero passatempo, e perché chi avrebbe dovuto impedire che questo avvenisse in realtà lo ha permesso;
Il giornalismo è morto perché tutti, chi più e chi meno, sono complici della sua uccisione;
Il giornalismo è morto perché, in questa mal ridotta Italia, l’informazione non è più cosa nobile e seria, ma merce contraffatta che, in fondo, la massa acritica, asservata, soggiogata… merita.

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